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La mia Torino

  • Immagine del redattore: Erika
    Erika
  • 18 nov 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 19 nov 2024

Cosa non troverai in questo articolo? Consigli del tipo “10 cose da fare a Torino”.

É più forte di me, non voglio fare un articolo così e meno che mai su Torino.


Ho iniziato a scrivere questa sorta di reportage proprio mentre ero a Torino per un concorso ma poi ho sentito il bisogno di scrivere un racconto e, come faccio sempre, ho seguito il tratto della mia penna.


Tutte le volte che vengo a Torino mi sembra di essere la protagonista di uno dei tantissimi romanzi che ho letto. Proprio così: Torino ha sempre qualcosa di misterioso e di magico che mi avvolge quando la attraverso. O forse è lei che attraversa me e mi travolge come un fiume in piena.


Adoro lasciarmi trasportare dalle strade che sembrano chiamarmi come delle sirene, vagare senza una meta alla ricerca di angoli meno conosciuti e di corti in cui entrare.


Vi confesso che le corti di Torino sono una delle mie più grandi passioni e per capire davvero la città è indispensabile prendere una stanza che affaccia su una corte e passare del tempo ad osservare cosa succede dalla finestra.

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Amo il grigio della città che tante volte ho letto nei romanzi di Pavese e in quelli di Fruttero e Lucentini, ma soprattutto adoro ricordarla e viverla come la città in cui è nata quella bellissima rivoluzione di pensiero che è stata la Casa Editrice Einaudi nel dopoguerra.


Le mie ricerche mi hanno condotta spesso a studiare Einaudi, indagandola da molteplici angolazioni ed è stato amore al primo libro sfogliato, tanto che nel tempo mi sono convinta che se fossi nata negli anni in cui Pavese, Calvino, Fortini o Vittorini battevano i capitoli dei loro romanzi con la Lettera 22 della Olivetti anche io avrei provato a far parte di quell’ambiente vivo di cultura concreta ed operante.


A Torino però mi sento sempre anche un po' forestiera, come diceva Calvino, le persone hanno un accento diverso dal mio, girano avvolte nei loro cappotti autunnali, sorridono poco; ma devo dire che ho apprezzato quello che mi ha detto un collega dell’Università di Torino: “sei più torinese tu di un vero torinese”.


Forse perché l'ho studiata così tanto che me la sento nelle vene o forse perché tutte le volte che viaggio ho bisogno di entrare in contatto con le città come se ci fossi nata, ho bisogno di parlare con le persone, di comprare un giornale e di mettermi ad un caffè ad osservare e naturalmente a scrivere: sento come il bisogno di annotare tutto nel momento in cui vedo e vivo la città.


Non vi dico quanto ho scritto a Torino, anzi ve lo dico perché poi troverete delle pagine dedicate a Torino proprio nel mio libro e avevo bisogno di riviverla, di rivedere e di annotare cose che altre volte forse avevo solo sbirciato.


Vi state chiedendo che cosa ho fatto a Torino? Principalmente, come vi avevo anticipato, mi sono persa per le strade e sono inciampata in spazi che mi erano familiari senza la consapevolezza di andarci. Mi ci sono ritrovata davanti.


I soli luoghi che mi ero prefissata di visitare erano il Caffé Al Bicerin dove ho preso un bicerin (fatto con caffé, cioccolata e crema di latte) accompagnato dalla torta bicerin; il Caffé Mulassano per l’aperitivo e la corte di via Mazzini 34 in cui è stata girata la fiction Questo nostro amore.



Un breve recap: la stazione di Porta Nuova che assomiglia a una delle tantissime gallerie che si possono trovare in città.


A due passi, andando verso il centro, inizia per me l’itinerario Pavese perché nella piazza davanti alla stazione c’è l’Hotel Roma in cui si tolse la vita la notte del 27 agosto 1950 nella stanza 346, ma ancora non ho trovato la forza di entrarci. Via Arcivescovado con la sede dell’Ordine Nuovo di Gramsci, via Biancamano per un saluto alla Einaudi, via XX settembre, i localini di piazza Carlo Emanuele II e in particolare il Trapizzino.


Tappe obbligatorie per me perché sono posticini a cui sono legata sono: la Farmacia del Cambio per un caffè e per il cubotto o il croissant sferico che avevo assaggiato ad agosto, la sede storica dell’Università, la Biblioteca Nazionale e l’Archivio di Stato e la Mole.



Pensate che ho fatto il concorso con vista Mole, ma per me è incredibile di notte quando non ci sono turisti ma ahimé non ho foto da condividere in notturna perché la notte mi perdo e basta, non scatto foto: giro semplicemente con il naso all'insù.


Poi ci sono posticini in cui avevo bisogno di tornare per il mio libro come il Museo della Rai e della televisione, il Parco del Valentino con gli scoiattolini, le fontane di piazza Castello, il locale Le Baudelaire e la Libreria Luxemburg.

Devo raccontarvi un episodio strano, posso dire quasi "magico", che mi è capitato a Torino: ho un bellissimo ricordo legato al Cinama Lux ma non avevo programmato di andare avisitarlo e nemmeno mi ricordavo dove fosse.

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Andando verso la stazione ho sentito un richiamo da una galleria: sono entrata e me lo sono ritrovata davanti. Vicino alla stazione c'era un pittore francese che stava disegnando a matita una galleria: mi fermo a gurdarlo e non riuscivo a riconoscerla, così mi dice che era proprio la galleria del cinema Lux. Gli ho spiegato perché ero legata a quella galleria e ha deciso di regalarmi il disegno. Nel libro poi vi spiego tutto meglio, ma una cosa devo anticiparvela: Torino mi ha insegnato che non esistono le coincidenze, quello che noi viviamo è lì che ci attende come un appuntamento.


Nelle storie in evidenza su Instagram trovate tutti i dettagli delle mie visite a Torino, ma io vi consiglio di perdervi nei vostri pensieri e di lasciarti trasportare perché Torino ha sempre la grande capacità di metterti alla prova e di guardarti dentro.

 
 
 

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