Missinflorence racconta Miss Fallaci
- Erika
- 16 apr
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 28 apr
Ho fallito. Non mi vergogno a dirlo. Avevo mandato questo articolo oltre oceano e mi è stato detto che è buono ma che non lo possono pubblicare se non racconto Miss Fallaci da un’altra prospettiva. No, non scendo a compromessi con la mia scrittura. Non sono una scribacchina. Non scrivo a comando, non scrivo sotto dettatura, i dettati li facevo a scuola per imparare e mi sembravano una forzatura giacché potevo imparare a scrivere trascrivendo.
Ho il mio spazio, ripropongo qui quanto avevo scritto nella versione in italiano.

Una storia di formazione ed emancipazione buttata in televisione.
Ho iniziato a guardare la fiction Miss Fallaci piena di aspettative e ve ne avevo parlato in questo primo articolo https://www.missinflorencelaragazzapienadisogni.com/post/firenze-ha-sempre-la-sua-miss-da-miss-fallaci-a-missinflorence
Ho visto qualcosa di molto distante dalla vera Miss Fallaci. Era complessa. Era fiorentina. Era arrogante. Qualità che non sono mai emerse nelle puntate.
Firenze? Assente. Le poche scene “in famiglia” non hanno nessuna attinenza alla città a cui ha sempre voluto appartenere. Come è arrivata a l’Europeo? Con tanta fretta di diventare anche se a 22 anni non aveva capito cosa. Voleva raccontare le storie degli altri ma le pagine più belle sono quelle in cui ha parlato di lei, della sua formazione, della sua essenza, delle mancanze che l’hanno forgiata. Era una ragazza che aveva iniziato a scrivere a Firenze per Il Mattino dell’Italia centrale cercando di superare le tappe più velocemente di tutti i suoi colleghi riuscendo a far dire alle persone che ha intervistato cose che non avrebbero mai voluto dire.
Sfidava tutti, ma in modo particolare era in eterna competizione con se stessa per trovare la parola essenziale, precisa, tagliente. La sua arma principale era la sua genuina impertinenza che solo chi lascia brandelli della propria anima in quello che scrive riesce a controllare.
Curiosa, disobbediente, temuta; ma sotto quella forza che traspare dalle parole e dallo sguardo celava anche tante fragilità, sopratutto in amore, un sentimento che la trasformava da innamorata a furiosa ogni volta che veniva ferita. Perché? Perché ogni volta aveva permesso a qualcuno di invadere la sua solitudine, quel suo spazio vitale necessario per scrivere. Non intendo dire che era scesa a compromessi con se stessa, questo mai, solo che aveva permesso a “pochi” di entrare nel suo spazio.
Con i suoi amori ha avuto un rapporto simile a quello che l’ha sempre legata alla sua scrittura: non è mai riuscita a tradire pur essendo tradita, ha amato con tutte le scomodità che l’amore comporta: quelle del corpo e dell’anima, ne ha avuto bisogno per vivere.
Ha avuto il raro dono della verità: odiata, allora ed oggi, da quelli che svolgevano e svolgono il suo mestiere. Il bisogno di scrivere sempre la verità, che, come sosteneva, assomiglia ai ferri chirurgici (è necessaria perché fa male ma guarisce) l’ha resa spietata agli occhi di molti, difficile.
Questo è quanto avevo inviato e che non ho visto in nessuna delle puntate e, visto che sono nel mio spazio, posso aggiungere qualcosa.
Vi chiedo quindi: l’avete letta attentamente? Non ha avuto maschere. Dietro quel suo lato altamente morale c’è sempre stata una ragazza generosa che ha vissuto dignitosamente della sua scrittura. Profonda, consapevole dei propri limiti e delle proprie forze, non ha mai voluto piacere a tutti, ha odiato la superficialità e la volgarità.
Un uragano che non si è fermato di fronte a niente, che non si è mai annoiata. Ha vissuto con libertà e ribellione.
Un’ultima cosa, perché davvero avevo bisogno di confrontarmi con lei prima di lasciar andare queste parole. La sua scomodità per me è stata una scuola e prima di inviare quanto avevo scritto sono andata da lei al Cimitero degli Allori per leggergliele.
Avrei potuto fare di meglio, lo so. Queste sono le parole che mi sono venute pensando a lei. Era una giornata tranquilla ma appena sono arrivata al punto vicino alla sua tomba è soffiato il vento.
Lo prendo come uno schiaffo di approvazione. E imparo da te, Oriana, che proprio da un fallimento, che fa male ma serve, a colpi di macchina da scrivere non sei diventata un modello, ma uno scrittore, proprio come hai voluto imprimere sulla tua tomba.