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Possiamo ancora dire NO

  • Immagine del redattore: Erika
    Erika
  • 1 mar
  • Tempo di lettura: 2 min

Non batto i piedi e non batto i pugni, le mie parole le batto con la macchina da scrivere.

Il suono è martellante, a tratti militare, ma incisivo.

Oggi ho parole amare. Non sapevo come sceglierle per scrivere. Sono molto delusa da tanti colleghi giornalisti che si occupano di politica internazionale per come hanno trattato oggi, sulle pagine per cui scrivono, quello che avrebbe dovuto essere l’incontro tra Zelensky e Trump. Non si sono scontrati, ma si è verificato un attacco alla libertà di parola e espressione.

Oggi l’argomento all’ordine del giorno era l’abbigliamento di Zelensky. Ma di cosa stiamo parlando?

Va bene a tutti quello che sta succedendo? Mettiamo la testa sotto terra così? Sono sconvolta che quasi nessuno stia prendendo posizione su quanto accaduto. Poi però citiamo “Se questo è un uomo” di Primo Levi alla prima occasione per dimostrare che qualcosa abbiamo letto.

A cosa serve sbandierare libri su libri, parlare attraverso citazioni che non sappiamo contestualizzare se quando arriva il momento di prendere una posizione preferiamo vivere sicuri nelle nostre tiepide case?

Riportare la verità è un dovere civile oltre che un obbligo morale a cui non ci si dovrebbe sottrarre. Non si scrive per noi stessi o perché qualcuno ci dica grazie, il giornalismo è un atto di dignità. Dire la verità è un atto di onestà.

A cosa serve seguire corsi su corsi, master su master, studiare le parole da usare per rendere accattivante un articolo? Il giornalismo non si studia, si fa. Si osserva quello che accade, si riporta e si aspetta che ne scaturisca un dibattito, poi si parla anche di quello.

Ci piace portare le corone sulle tombe dei partigiani, una volta all’anno però, quando ci ricordiamo che è la festa della liberazione. Ma se oggi abbiamo la possibilità di parlare e di scrivere liberamente quello che pensiamo lo dobbiamo proprio a chi ha dato la vita per i nostri diritti, diritti che non dobbiamo permettere vengano calpestati come ieri con atti di arroganza. No, non uso la parola ignoranza, perché chi è ignorante non sa e queste persone che ci considerano come pedine da muovere a loro piacimento sanno benissimo quello che fanno, lo studiano a tavolino.

Ho le lacrime che scendono mentre scrivo queste parole perché non riesco a scrivere in modo distaccato dall’argomento. Ma li vogliamo aprire gli occhi? Vogliamo provare a dire non mi va bene? Ne vogliamo parlare? Ancora possiamo farlo e davvero possiamo usare le nostre parole.

Tre ragazze americane oggi mi hanno scritto dicendomi che avrebbero smesso di seguirmi dopo che avevo postato sui social quello che pensavo su quanto accaduto ieri. Va bene, siamo in democrazia e avete votato liberamente. Votare è un diritto che ancora abbiamo. Ricordiamoci però che anche Hitler era stato eletto prima di instaurare una dittatura.

Ricordiamoci che c’è ancora chi muore per un sì o per un no.

Ricordiamoci che possiamo dire no.

Ricordiamoci che possiamo parlare.

Ricordiamoci che possiamo scrivere.


 
 
 

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